di Gaia Agnelli

La storia dei "fruttini siciliani": quelle palline zuccherate amate dai bambini di un tempo
BARI – Si trovavano ovunque, ogni nonna ne aveva sempre una scorta e i supermercati le utilizzavano come resto al posto delle 10 lire. Parliamo dei “fruttini siciliani”, detti anche “siciliane” o “tenerini”, caramelle che hanno caratterizzato la giovinezza di generazioni di bambini, dagli anni 50 agli 80.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Bianche e di forma rotonda, erano al gusto di frutta. Ad ogni varietà corrispondeva un colore diverso della carta (in cui erano avvolte con un doppio fiocco): dal giallo del limone all’arancione del mandarino, passando per il rosso della fragola o il verde della mela. Il loro segreto era l’estrema dolcezza (si trattava praticamente di palline di zucchero) e la consistenza (dure al primo morso e poi estremamente “scioglievoli” e frizzantine in bocca).Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Usiamo il passato perché queste caramelle, seppur ancora presenti sul mercato, sono di fatto sparite dalla circolazione, soppiantante nelle preferenze dei più piccoli dalle multiformi e coloratissime gommose.Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

«Le siciliane sono ormai un ricordo lontano – commenta nostalgico Pasquale Sifanno, uno dei titolari di “Marnarid”, storico negozio di dolciumi di Bari –. Prima i nostri scaffali ne erano pieni e i bambini se ne riempivano le tasche. Oggi invece tutti comprano le morbide gommose, un prodotto nato in Inghilterra».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Dello stesso parere Mariaenza, proprietaria di “Caputo”, altra bottega barese di dolci. «Purtroppo non sono più diffuse come prima – afferma –, noi del resto le ordiniamo raramente. Anche se non sono del tutto scomparse: c’è chi le produce ancora». (Vedi foto galleria)

Tra le fabbriche di fruttini ci sono la pasticceria genovese Mangini (che li smercia avvolti da carte disegnate con tre orsetti) e l’impresa piemontese Italgum. «Le vendiamo dagli anni Cinquanta – sottolinea Dario Celoria, uno dei gestori di quest’ultima azienda -, ma oggi la domanda è calata e la richiesta proviene principalmente dalle regioni del Nord. C’è da dire però che l’origine di questi dolci è meridionale: si chiamano così perché rimandano agli agrumi della Sicilia ed erano venduti sugli antichi carrettini dell’isola».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Insomma queste caramelle dal sapore e della forma “vintage” rappresentano ormai un ricordo per generazioni di baresi. «Se qualcuno le nomina mi emoziono e mi viene l’acquolina in bocca: le amavo – ricorda commossa la 47enne Tiziana –. Lasciavano una sensazione di frizzante freschezza: era come bere un sorso di succo di frutta mangiando una zolletta di zucchero».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)


«Ogni volta che andavo a trovare mia nonna mi imbottiva le tasche di fruttini – rammenta il 50enne Sabino –. Ne aveva sempre tantissimi nella coppa delle leccornie in cucina e li distribuiva con fare fiero e orgoglioso di sé, come fosse l’unica a possederle».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Le siciliane erano così gettonate che negli anni 80 i cassieri dei supermercati le davano come resto quando non avevano le 5 o le 10 lire. «Da piccola accompagnavo mia madre a fare la spesa solo perché speravo di ricevere le caramelle – racconta la 48enne Catia –. Al posto degli spiccioli spesso arrivava un tenerino: per me era un grosso affare».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Ma non solo: i giostrai le davano in regalo ai bambini quando scendevano dall’attrazione e durante le sfilate di Carnevale venivano lanciate dai carri allegorici. «Ricordo che da piccola ne approfittavo per riempirmi lo zainetto – ci dice la 60enne Emanuela –. Poi le divoravo di nascosto tra la folla, perché mia madre non voleva che le mangiassi».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

C’erano infatti genitori a cui queste caramelle non piacevano. Prima di tutto per essere troppo dolci. «Quante carie per colpa loro – esclama la 79enne Rosa –. I miei figli andavano un mese sì e uno no dal dentista. Così decisi di non comprargliele più».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

E poi perché, essendo delle palline, c’era sempre il rischio che andassero di traverso se non masticate. «Mio fratello di quattro anni stava per morire a causa di quella caramella: lo stava soffocando», ricorda il 57enne Francesco. «I miei nipoti ne andavano matti – incalza l’80enne Maria – io però le nascondevo: non volevo che le mangiassero lontano dai miei occhi. Erano pericolose».Notizia di proprietà della testata giornalistica © Barinedita (vietata la riproduzione)

Chissà, forse è stata proprio questa una delle cause dell’oblìo delle mitiche siciliane e del successo delle molli, piene di coloranti e “dietetiche” gommose.  

(Vedi galleria fotografica)


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Bianchi e di forma rotonda, le siciliane erano al gusto di frutta
Ad ogni varietà corrispondeva un colore diverso della carta (in cui erano avvolte con un doppio fiocco): dal giallo del limone all’arancione del mandarino, passando per il rosso della fragola o il verde della mela
Il loro segreto era l’estrema dolcezza (si trattava praticamente di palline di zucchero) e la consistenza (dure al primo morso e poi estremamente “scioglievoli” e frizzantine in bocca)
Anche se non sono del tutto scomparse: c’è chi le produce ancora. Tra le fabbriche di fruttini ci sono la pasticceria genovese Mangini (che li smercia avvolti da carte disegnate con tre orsetti)...
...e l’impresa piemontese Italgum



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